Volume: Privatizzare Venezia: il progettista imprenditore

Al lavoro di ricerca e di inchiesta territoriale ha collaborato l’arch. Chiara Menato a cui si deve anche la rivisitazione delle interviste per la pubblicazione nel presente volume.

A.B.

Fanno parte dell’Associazione Venezia 2000:

Actv, Assicurazioni Generali, Consorzio Venezia Nuova, Finmeccanica, Fondazione Cassa di Risparmio di Venezia, Marsilio Editori, Olivetti, Palazzo Grassi, Società Finanziaria ed Editoriale San Marco, Telecom.

«Le utopie sono spazi privi di luogo reale. Sono luoghi che in­trattengono con lo spazio reale della società un rapporto di analogia diretta o rovesciata». «Ci sono anche dei luoghi... che costituiscono una sorta di contro luoghi, specie di utopie effettivamente realizzate. Questi luoghi che sono assolutamente altro da tutti i luoghi che li riflettono e di cui parlano, li denominerò in opposizione alle utopie, eterotopie».

Michel Foucault, Eterotopia i.

In ogni civiltà, ci dice il filosofo francese, ci sono dei luoghi reali che costituiscono una sorta di contro‑luoghi, utopie effettivamente realizzate, nelle quali i luoghi reali vengono al contempo rappresentati, contestati e sovvertiti. Oggi, le eterotopie si moltiplicano, diversificando le proprie funzioni originarie o mutandone il significato. Se «l’eterotopia ha il potere di giustapporre in un solo luogo reale, di­versi spazi, diversi luoghi che sono tra loro incompatibili», Venezia a me pare sia oggi un modello di città eterotopica.

Basta pensare alla storia di Venezia, una città che si localizza nel­la laguna, per poi estendersi sulla terra ferma e lungo lo spazio da percorrere sino ad oriente nella fase storica in cui Venezia diventa «la Dominante». Ma è nell’uso virulento della categoria del posizionamento, pratica dell’oggi, che Venezia può essere osservata come luogo eterotopico. Afferma infatti Foucault che «ai giorni nostri il posizionamento si sostituisce all’estensione che a sua volta ruota in­torno al concetto di spazio di posizione e alla funzione che la città deve svolgere per produrre utopia».

E nel posizionamento rispetto al territorio e alla dimensione del­lo spazio si realizza oggi a Venezia una forma del conflitto tra i «de­voti discendenti del tempo e gli abitanti accaniti dello spazio». Se lo spazio eterotopico è il luogo ove le utopie, spazi senza luogo reale, divengono altro e prendono corpo e spazio, Venezia è oggi specchio ove si riflettono miti e riti sociali: il mito della memoria e il rito del turismo. Da essi la città ha saputo trarre vantaggi per lungo tempo favorendo però anche una percezione stereotipata di se stessa come città della nostalgia, città evento, città ribalta, città simulacro… La conseguente perdita d’identità è ora vincolo all’emancipazione dalle imitazioni, ostacolo alla demitizzazione, processi invece necessari per uscire dal ghetto dei conflitti sull’interpretazione del passato e ripensare una strategia di sviluppo complessivo della città ed un suo riposizionamento, non solo rispetto al Nord‑Est italiano.

È necessario superare quello che Pedrag Matvejevié nel suo Mediterraneo indica come peculiare degli abitanti delle isole, ossia un atteggiamento di ripiegamento sul passato dove «… essi sognano solo nella prima età: e presto considerano superato il tempo dei sogni. Guardano al futuro come ad una ripetizione del passato nella sua parte migliore … », ma bisogna fare anche un passo indietro rispetto all’atteggiamento euforico di chi punta e crede solo nelle opportunità offerte dal turismo e trovare un’alternativa all’urlo disperato di chi vede invece la situazione danneggiata in modo definitivo.

E in questo spazio di mediazione che l’eterotopia, sorta di «utopia definitivamente realizzata», può dimostrare la sua validità per Venezia sia come percorso progettuale possibile sia come alternativa auspicabile e concretizzabile.