La produzione culturale a Venezia – Gli eventi, i produttori, i fruitori

Considerazioni

Martin Bethenod, François Pinault Foundation

Il rapporto sulla produzione culturale a Venezia è un documento prezioso. Non solo perché fornisce una panoramica analitica dell’abbondante offerta culturale veneziana e una presentazione esaustiva dei suoi artefici – strumento che sarebbe già di per sé estremamente utile per molte città o paesi del mondo. Ma soprattutto perché il carattere continuativo della ricerca (siamo alla nona edizione) permette di conoscere questa realtà nella sua dimensione dinamica. Superando gli effetti della congiuntura – positiva o negativa –, la ricerca ne propone una lettura a lungo termine capace di evidenziare le evoluzioni profonde, i cambiamenti di abitudini, la comparsa di nuovi modelli economici, l’avvento di nuove discipline ecc. Questo quadro temporale allargato è l’unico valido, l’unico efficace per analizzare il settore della cultura.

Ciò che colpisce, a una prima lettura del nono rapporto, è il dato relativo a uno sviluppo numerico considerevole, con 2503 eventi nel 2011 per un totale di 27.176 giorni di attività, contro 2340 per un totale di 13.769 giorni nel 2010. Si tratta di una tendenza che si conferma se prendiamo il 2009 (anno della precedente Biennale di arti visive) come anno di riferimento, in cui sono stati registrati 2167 eventi per un totale di 20.785 giorni. L’esperienza invita naturalmente a considerare con cautela questo tipo di dati generali. Anzitutto perché il dinamismo reale di una situazione culturale può essere misurato solo mettendo in relazione l’evoluzione dell’offerta con quella della domanda (cioè l’affluenza di pubblico), le cui rispettive tendenze devono essere coerenti. Ma anche perché purtroppo può accadere che la crescita del numero di eventi si accompagni a un abbassamento delle risorse dedicate a ciascuno di essi, e dunque a un impoverimento qualitativo. Al di là di questi dati globali, sempre delicati da interpretare, vorrei quindi sottolineare due elementi che costituiscono a mio parere segni incontestabili della vitalità e della sostenibilità del panorama culturale veneziano.

Il primo è l’aumento costante del numero dei produttori dell’offerta culturale (191 contro 163 nel 2010 e 140 nel 2009) e la loro crescente diversità, fattore estremamente positivo sul lungo periodo. Si tratta anzitutto di una diversità tipologica, che corrisponde a una grande varietà di statuti e di modelli economici (settore pubblico, associazioni, fondazioni, mondo accademico, settore privato ecc., a quali andrebbe sommata, per avere una visione completa, l’attività delle gallerie, alcune delle quali contribuiscono notevolmente all’offerta culturale cittadina). Questa diversità rappresenta una risorsa fondamentale per affrontare periodi difficili dal punto di vista economico – al contrario, una situazione squilibrata in cui tutto si basa su un solo settore, che sia la struttura pubblica o l’iniziativa privata, è sempre un elemento di fragilità. Si ravvisa una diversità anche nelle origini geografiche, segno del formidabile sviluppo della città, del suo potenziale di attrazione non solo dei destinatari della cultura (il pubblico) ma anche dei suoi artefici e dei suoi attori. Si osserva infine una diversità delle discipline, rivelatrice di una forte vocazione all’apertura e all’innovazione. Ma è soprattutto dal punto di vista qualitativo che il concetto di diversità appare prezioso, in quanto indicativo di una grande ricchezza di contenuti e di una resistenza a ogni forma di visione dominante o standardizzata.

Il secondo punto di interesse che emerge dallo studio è lo sviluppo, anche qui costante, del numero dei “grandi” attori della vita culturale veneziana, cioè di coloro che producono più di dieci eventi ogni anno: sono 49 nel 2011, contro 48 nel 2010, 44 nel 2009, 41 nel 2008. Favorendo la scoperta di spazi nuovi o recuperati (dopo Punta della Dogana, la Fondazione Vedova, il Palazzetto Bru Zane, poi Cà Corner della Regina, a cui vanno ad aggiungersi nel 2012 le Stanze del vetro alla Fondazione Cini…) e l’apertura a territori culturali fino a quel momento poco esplorati, se non del tutto inediti a Venezia (la musica romantica francese, la musica barocca veneziana, l’arte vetraria novecentesca ecc.), questi attori sono il motore della capacità della città di reinventare continuamente se stessa.

Questi soggetti inoltre mostrano una notevole capacità di stabilizzare la propria azione nel tempo. La dimensione di continuità, la visione a lungo termine, è fondamentale, perché è la condizione necessaria da un lato per lo sviluppo in profondità di politiche di pubblico (politiche culturali, educative, di accessibilità) e dall’altro per lo sviluppo di reti e di collaborazioni tra operatori, fattore essenziale del dinamismo e della sostenibilità dell’”ecosistema” culturale cittadino. Permettendo di incrociare il pubblico, arricchire il contenuto delle iniziative, moltiplicarne la visibilità, queste esperienze di sinergia hanno un ruolo essenziale nello sviluppo quantitativo e qualitativo della vita culturale. Il grande successo di Art Night Venezia lo prova ampiamente – per citare solo un esempio. Abbandonando per un istante il punto di vista dell’osservatore, posso dare una testimonianza personale della qualità dei rapporti che ci legano stabilmente a numerosi attori della cultura veneziana (atenei, musei, festival, associazioni, teatri… nel campo dell’arte, della letteratura, della musica…), con i quali realizziamo, sul principio della rete, oltre un centinaio di eventi ogni anno. E voglio qui ringraziarli di cuore, perché hanno una parte essenziale nello sviluppo del progetto artistico di Palazzo Grassi e Punta della Dogana.

La tendenza alla concentrazione degli eventi in occasione della Biennale è un elemento strutturale dell’offerta culturale veneziana. Con 370 eventi durante la Biennale, questa tendenza registra nel 2011 una forte accelerazione: + 37% rispetto al 2009 (270 eventi), già in aumento del 20% rispetto al 2007. Invece di sottolineare gli inconvenienti – già noti a tutti – di tale situazione (squilibrio dell’offerta sull’arco dell’anno, difficoltà di gestione e abbondanza di progetti spesso “opportunisti” o di qualità mediocre durante i periodi di concentrazione delle attività, relativa debolezza dell’offerta nei periodi vuoti…), credo sia utile considerare questo dato in una prospettiva globale. Una simile concentrazione si inscrive in un fenomeno internazionale più grande, legato all’accelerazione e alla globalizzazione dei mercati, dell’informazione e della gestione del tempo libero. Questa evoluzione ha posto le grandi capitali culturali in una condizione di forte competizione, in cui (è spiacevole ma è così) o ci si impone o si viene emarginati. Da questo punto di vista il successo di Venezia è incontestabile, e la città, lungi dal perdere terreno, si trova oggi in una posizione di assoluto primo piano. Il numero di eventi presentati nell’ambito della Biennale e intorno a essa (con le relative ricadute nel mondo intero) permette la formazione di quella massa critica che è la condizione sine qua non della visibilità e dell’attrattiva internazionale – con fenomeni di autoaccelerazione, iperconcentrazione, o “effetto valanga” come effetti collaterali inevitabili. Non è eccessivo affermare che Venezia è uno degli unici tre o quattro luoghi al mondo in cui si ritrova sistematicamente il 100% dei protagonisti della scena artistica contemporanea (e la quasi totalità del suo pubblico), in cui ogni messaggio ha una risonanza mondiale immediata.

Questo status di luogo di riferimento della creatività contemporanea internazionale ha un impatto estremamente potente nell’evoluzione dell’immagine della città. Non tanto, naturalmente, in termini quantitativi o di notorietà, quanto in termini di contenuti, persino di identità: a questo proposito è interessante osservare la crescente risonanza dei temi legati alla creatività contemporanea nella copertura di Venezia da parte dei media di tutto il mondo. Questo dato non può non avere ricadute sulle aspettative del pubblico nei prossimi anni, sulle sue modalità di visita e di soggiorno.

Il nono rapporto sulla produzione culturale a Venezia incuriosisce e appassiona in quanto solleva una serie di questioni proponendo altrettante risposte. Come resistere dunque alla tentazione di suggerire qualche spunto per le ricerche future? Penso ad esempio all’importanza di considerare criteri qualitativi legati ad aspetti quali l’accoglienza del pubblico, l’accessibilità o l’offerta educativa, ma anche di studiare una misurazione delle iniziative di partenariato o di messa in rete. Penso soprattutto a uno dei temi fondamentali con cui si confrontano tutte le grandi città culturali europee: la capacità di articolare la densità dell’offerta di cultura (registrata perfettamente in questo nono rapporto) con la questione della produzione, dei luoghi di vita e di creazione degli artisti dagli anni di formazione fino alla diffusione al pubblico e al mercato: atelier, studi, luoghi di prova e di produzione – tutto naturalmente rapportato al territorio veneziano nel suo insieme.

Penso che sia propria delle ricerche di alta qualità la capacità di mettere appetito oltre che di soddisfarlo (spero mi si perdoni l’immagine un pò triviale). Voglio quindi fare le mie congratulazioni agli ideatori e agli autori di questo rapporto che ci permette di riflettere sul presente della cultura a Venezia e di sognare (e preparare) il suo futuro.