Venezia città portuale

Le prospettive per il terzo millennio: dai nodi al fili, dalla rete al tessuto

Nel prossimo millennio esisteranno ancora le città portuali? Avrà senso parlare dei porti così come oggi li conosciamo e come siamo abituati a considerarli? Che sorte avranno i traffici marittimi? Diventeranno sempre più importanti oppure subiranno un drastico ridimensionamento? E Venezia, all’interno di questi scenari futuri, come si posizionerà? Venezia avrà ancora un porto?

Per comprendere appieno il senso della riflessione contenuta in questo testo, forse è bene proprio prendere le mosse da questi ed altri interrogativi, con l’avvertenza preliminare – doverosa – che il contributo offerto non ha chiaramente alcuna pretesa di esaustività del ragionamento, quanto piuttosto vorrebbe rappresentare uno stimolo a spostare l’immaginazione in avanti per cercare di cogliere, almeno intuitivamente, le possibili derive evolutivi di processi così importanti per gli equilibri economici e sociali.

Sono ormai alcuni anni che, quasi per incanto, si è tornati a parlare di mare nel nostro paese. L’Italia si era quasi dimenticata di possedere migliaia di chilometri di coste interne ed esterne e diverse decine di porti, proiettata com’era sul fronte interno ad occuparsi delle statistiche stradali e ferroviarie.

L’effetto congiunto di una molteplicità di fattori esogeni ed endogeni, tra cui un particolare rilievo è spettato, da un lato alla crescente apertura internazionale alla globalizzazione, dall’altro agli elevati livelli raggiunti di congestione interna, ha contribuito a “riaprire” il discorso marittimo, nel tentativo di riappropriarsi di un pezzo di economia e di società che da lunghi anni proseguiva in maniera quasi invisibile il suo cammino, quasi disgiuntamente dal resto del territorio per la sua determinazione. I porti, in un simile contesto, risultavano essere come delle isole (felici?) scarsamente collegate con la terraferma.

Il risveglio dell’economia marittima si è accompagnato ad un sempre maggiore clamore intorno alle strutture direttamente o indirettamente collegate al mondo del mare, e si è così assistito alla proliferazione di incontri, documenti, convegni, dibattiti che hanno celebrato in diverso modo la continua evoluzione dei fenomeni marittimi, unicamente ad un ricco corollario di numeri e statistiche che denunciavano trend di crescita stupefacenti.

Oggi, anche alla luce delle recenti rivelazioni di andamenti e trend non proprio più così rosei, l’attenzione non può che rivolgersi verso interrogativi più che verso affermazioni e conferme. E’ forse arrivato il momento di scavare più a fondo su ruoli e funzioni, soggetti e processi, accessibilità e integrazione del mondo marittimo e delle sue strutture – visibili e invisibili portanti.

E proprio a partire da questa premessa è stato elaborato il documento “Venezia città portuale”, con l’obiettivo di promuovere una riflessione prospettica su alcuni gravosi interrogativi e, in particolare:
– quale sarà il ruolo dell’economia marittima all’interno delle società e delle economie future?
– quale sarà la capacità del sistema-Italia di valorizzare l’ingente patrimonio marittimo e portuale nell’ambito delle sfide aperte dalla competizione internazionale?
– e quale sarà il ruolo delle città portuali negli anni a venire? e quale sarà il destino di Venezia e del suo porto?

Attraverso alcune interviste ed analisi statistiche si è provato a dare una prima approssimativa risposta a queste domande, risposta che va considerata come un punto di partenza, e non certo di arrivo, per una riflessione che ancora molto dovrà maturare nel tempo. Nei paragrafi che seguono si è sintetizzato il senso complessivo dei diversi ragionamenti, arrotondandoli attraverso suggestioni a volte appositamente estreme, mentre si rimanda al capitoli 2, 3 e 4 per una presentazione più analitica degli approfondimenti effettuati.